sabato 19 giugno 2010

CHE SPETTACOLO...

È un momento di grande confusione politica in tutti gli schieramenti. Nel centrosinistra il dibattito è fermo in attesa della caduta del Premier Berlusconi, ormai dato per spacciato da molto tempo. Nonostante la previsione disattesa di una debacle del Governo, il PD continua a perdere consensi e non riesce a comprendere che non ha più la forza di proporsi come alternativa. Inoltre, i partiti alleati come l’IDV ed i movimenti satelliti di sinistra, vivono una stagione di appannamento e lo stesso Di Pietro è implicato in chiacchiere o presunte commistioni con la cricca degli appalti. Il trend positivo sembra ormai un vecchio ricordo per Tonino e company. Infine, all’interno del partito di Bersani, si avverte area di sconcerto e molti sono in attesa di sollevarsi in volo verso altri lidi.Nell’area di centro il discorso è più complicato del previsto. Nonostante annunci altisonanti e kermesse di grande effetto, il peso specifico è sempre lo stesso. Fa più notizia il silenzio che le dichiarazioni dei leaders del centro. A complicare la faccenda è arrivato il problema del simbolo nell’UdC. Rocco Buttiglione, che ormai rappresenta un ricordo della passata stagione politica, mostra un’attività senza precedenti. Il motivo è appunto il simbolo dello scudo crociato di cui dispone della proprietà. Il filosofo, che non può contare su di un consenso in termini di delegati nell’UdC, sa bene che può contare grazie alla dote del simbolo della gloriosa DC, che in termini di consenso elettorale continua a produrre uno zoccolo duro di due punti percentuali. Il presidente dell’UdC (incarico da testa di cuoio, come d’altra parte il ruolo di Cesa, essendo praticamente Casini il vero leader) sa bene che per salvare il simbolo deve spostare l’attenzione del partito verso il centrodestra e sa bene che una larga maggioranza dei dirigenti di partito tendono verso quella direzione. Il filosofo, inoltre, confida sull’eventualità di uno scontro con Rutelli e l’API. Non è un mistero che tra l’UdC e l’API non tutte le dichiarazioni sono rose e fiori.Infatti, Casini e Cesa sono attenti all’API di Rutelli fino a quando questi riescono a portare via consenso al PD ed attirare gli ex margheritini. Nel caso malaugurato di una inversione di tendenza, con attenzione dell’API verso l’elettorato dell’UdC, i rapporti sono destinati ad inclinarsi. Per ora va tutto bene madama la marchese perché i Carra, i Lusetti e le Binetti si sono spostati nell’UdC ed anche Mantini (un fido di Rutelli nell’amministrazione della Margherita) ha varcato il Rubicone ed è approdato direttamente nel partito di Cesa.Discorso a parte per Tabacci. Casini non vedeva l’ora di liberarsi della spina nel fianco di Berlusconi nella passata legislatura, in caso di un approdo (come ormai sembra palese) e di ritorno nel Governo di centrodestra. Non dimentichiamo che Tabacci procurava problemi insieme all’amico Follini, ora approdato nel PD. Sta di fatto che, nell’eventualità di elezioni anticipate, Casini deve difendere la percentuale del 5% dello sbarramento previsto dalla legge e di questi tempi l’amico Rutelli potrebbe insidiarlo con un travaso di voti a perdere. Infatti, l’API ha capito l’antifona e continua ad organizzarsi sul territorio per raccogliere i frutti del proprio lavoro in caso di elezioni (l’alternativa sarebbe, in caso di alleanza dell’Udc con Berlusconi) di fare marcia indietro e bussare al partito di Rosy Bindi per salvaguardare per sé (Rutelli) e per i suoi (Tabacci, Lanzillotta e Pisicchio) un posto in Parlamento. Gli auspici per una alleanza con Luca Cordero di Montezemolo sono per me fantasie erotiche. Lo immaginate l’ex Presidente della Fiata che difende il partito della Fiom con il PD? Questo perché con Rutelli, Montezemolo dovrebbe schierarsi con il centrosinistra. È vero che la politica è anche spettacolo ma questo mi sembra un dramma da quattro soldi recitato sul proscenio di un tetro da parrocchietta.Cosa accadrà se l’UdC farà parte di un rimpasto di Governo non è dato saperlo. Certo gli ex margheritini e soprattutto Pezzotta, dovrebbero adattarsi a formare un nuovo centro (un altro movimento) con conseguenze davvero disastrose per l’elettorato di centro. A meno che Pezzotta non vada a bussare alla porta di Tabacci e rinnegare se stesso e ammettere di aver visto lucciole per lanterne. I pontieri sono già all’opera con scarso seguito.Nel centrodestra la confusione è ancora peggiore. Fini fa le bizze. Bossi emana fuoco e fiamme se non passa il federalismo. Berlusconi ha imparato a fare un passo avanti e due indietro. Colpisce, però, che tutti questi nemici interni del centrodestra sono tacitati da un consenso che non accenna a diminuire (a parte qualche punto percentuale che non mette in pericolo il risultato delle elezioni). Tremonti va alla grande in Europa, anche se in Patria non è molto amato e da tempo (più per i risultati che per amore) ha trovato la sponda del Governatore della Banca d’Italia ed anche della Confindustria. Ritornando a Montezemolo il discorso si fa serio se l’UdC davvero penserà al centro, rinunciando alla politica dei due forni. Metterlo in imbarazzo con scelte ambigue non credo sia il caso. Ma la politica, a parte dichiarazioni condivisibili, è l’arte del mestiere del tornaconto ed oltre alle sceneggiate dei programmi televisivi esiste la sostanza delle cordate economiche internazionali e Luca Cordero farà ciò che deciderà il vecchio Kissinger o chi ha preso il posto di Cuccia. Fantapolitica?Penso proprio di si. Ma di questi tempi vogliamo anche privarci di sognare?

mercoledì 16 giugno 2010

IL FENOMENO DEL BRICOLAGE

Quando la crisi economica si fa sentire con più sensibilità, aumenta il fenomeno del bricolage, meglio conosciuto come l’opera del “far da sé”. Le famiglie l’hanno sperimentato nel passato e lo stanno sperimentando adesso con la crisi economica in atto. Uno degli aspetti, davvero sorprendente, riguarda le massaie. Da uno studio effettuato nei supermercati e presso i panificatori è venuto fuori che il consumo del pane è diminuito del 40%. A prima vista il dato è davvero contraddittorio perché ci si aspetta un abbassamento del consumo del companatico a dispetto del pane che dovrebbe aumentare in termini di acquisto (l’uso del pane è direttamente proporzionato alla povertà). Da un attento esame, però, si evince che la produzione e la vendita del congegno per la produzione del pane è aumentata. Tant’è che un regalo molto apprezzato di questi tempi è la macchina per fare il pane domestico. A Roma il prezzo medio del pane è di 3,50€ al chilo mentre la farina costa meno di un euro al chilo. Per chi ha famiglia diventa oneroso rivolgersi ai negozi e si provvede con l’arte del far da sé. Questa riflessione mi ha portato a spiegare, specularmente, la dinamica della nascita domestica di molti movimenti o pseudo tali, tant’è che ogni appassionato di politica né ha concepito almeno uno da solo o in compagnia di amici e parenti, utilizzando il web o il ristretto ambito del proprio quartiere. Questo fenomeno, sotto certi aspetti puerile e banale, ha coinvolto molte persone ed è indice di una crisi strutturale, ideologica ed organizzativa dei partiti tradizionali. Il fenomeno è particolarmente visibile nell’area di centro e non riguarda solo il popolino ma anche gli addetti ai lavori, che si sentono frustati e mal sopportati nelle stanze dei bottoni. Questa frammentazione o polverizzazione della politica (negativa sotto tutti gli aspetti) è l’unica vera forza di opposizione ai cosiddetti “padroni della politica”. Non è difficile notare come spesso questi aeroplanini si spostano da una parte all’altra del cortile del condominio, approfittando della lite tra i condomini. Spesso sono balocchi per trastulli infantili, altre volte sono mine vaganti che incidono, nel piccolo, e causano quei smottamenti che danno fastidio agli agglomerati monolitici della politica padronale e della casta, che non controllano più il proprio elettorato causando nevrosi e notti insonni. Tanto più che il fenomeno è destinato ad aumentare con il tempo. Se dovessi quantificare il peso specifico di questo fenomeno, non credo di esagerare nel valutarlo intorno al 10% del consenso moderato. Per gli appassionati della politica che usano perdere il tempo nello studio dell’assenteismo o del fenomeno della transumanza, in termini di voti, è consigliabile non sottovalutare questo fenomeno moderno ed invece di costruire ponti (più delle volte levatoi per arroccarsi nei propri castelli fatati) è più proficuo capire che spesso la soluzione è legata all’ingordigia del proprio sapere nell’ostentare verità che, caso davvero sorprendente, portano sempre acqua al proprio mulino, con la conseguenza di dividere invece di unire.

martedì 15 giugno 2010

LA ROSA DI SAVINO PEZZOTTA ED IL FANGO DEL DESERTO

Da non crederci. Si rivede la Rosa Bianca per l’Italia di Savino Pezzotta. Nel mady in Italy mancava un partito padrone nell’area di centro. Mentre Casini annuncia un partito nuovo meno personalizzato (almeno nel simbolo), Pezzotta, ormai lasciato solo dai compagni di viaggio da quel lontano 28 febbraio del 2008, quando a Montecatini Terme si riunirono i mille fondatori della Rosa Bianca per l’Italia, annuncia battaglia e mette veti alla Costituente di centro. Non è piaciuto all’ex segretario generale della CISL il riferimento esplicito di Ferdinando Adornato anche alla visione liberale del nuovo Partito della Nazione. Pezzotta vuole un partito democratico sociale, alla Giuseppe Dossetti per intenderci. Ritorna, dopo decenni, la questione sociale dei cattolici di sinistra. Non a caso Pezzotta negli anni 70 fu tra i promotori del Movimento Politico dei Lavoratori (un gruppo di cattolici progressisti di sinistra). La battaglia in seno all’UdC è persa ed è destinata a concludersi nel peggiore dei modi. Casini ha sempre considerato i popolari del centrosinistra avversari del suo pensiero originario (cattolico, liberale e doroteo). La nomina di Pezzotta a coordinatore dell’UdC della Lombardia, infatti, ha tutta l’aria di un escamotage per buttare in pasto ai leoni il vecchio sindacalista di Bergamo. Già, perché al prossimo congresso sarà divorato nell’arena. Intanto, Rocco Buttiglione è stato inviato per ricucire lo strappo con il PDL ed un eventuale ritorno nel centrodestra da parte dell’UDC avverrà con un rimpasto del Governo. Un modo per salvare la faccia di Casini e spiegare agli elettori che di necessità fece virtù (per aiutare a superare la crisi economica finanziaria). Pezzotta, quindi, non è stato premiato con la nomina a coordinatore della Lombardia ma legato piedi e braccia al nuovo decorso politico. L’ex sindacalista, ormai messo all’angolo (già contava come il due di coppa) vuole dare smalto alla Rosa Bianca e cerca consenso con un tesseramento impossibile, vista lo scarso seguito dei suoi adepti. Invoca piccoli congressi per mostrare i muscoli ma sa già di muoversi sulle sabbie mobili. Sono gli ultimi tentativi di giravolte a gambe divaricate per salvare una candidatura alle prossime elezioni politiche che sicuramente non lo vedranno capolista. La pacchia è finita ed il vecchio orso si aggira appesantito nel deserto del nulla. Già, perché difficile a dirsi Pezzotta si era allenato in questi anni a pesare il consenso ed a discernere chi era degno di salire sul suo piccolo calesse. Forse vecchi ricordi di una CISL che non lo ha rimpianto perché con il suo pragmatismo addormentava le platee dei lavoratori. Un altro sindacalista prestato alla politica che dovrà andare in pensione. È la rosa? Resterà nel cuore di quanti l’hanno amata e sperato in un mondo migliore.

LA SALITA SUL RING DI LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO

Per chi ha vissuto gli anni della prima Repubblica è difficile comprendere tutto quello che sta accadendo in Italia. Mi riferisco alla politica. Una volta esistevano i partiti ed i partiti erano esempi di democrazia. Si istituivano gli organigramma e si celebravano i congressi che sceglievano le linee programmatiche e le alleanze. Partorivano dei leaders che avevano autorità riconosciuta dalla base e parlavano a nome del partito. Le alleanze erano composte in modo che l’indirizzo economico e la collocazione nell’ambito dello scacchiere internazionale erano ben definite. Con l’avvento della seconda Repubblica i partiti hanno subito, chi direttamente o indirettamente, una defezione culturale ed identitaria. Tutti hanno cambiato i punti di riferimento ideologico. La destra si è spostata al centro, la sinistra anche ed il centro si è svuotato per collocarsi a destra ed a sinistra. Tutto ciò è stato possibile perché sono venute meno le barriere ideologiche ed è stato facile rincorrersi in un panorama ormai appiattito e facilmente vulnerabile. Talmente vulnerabile che altri hanno invaso il campo della politica. La magistratura, i sindacati, gli imprenditori hanno iniziato a produrre leaders più o meno interessanti.La magistratura ha prodotto i Di Pietro (per citare il più noto), i sindacati hanno prodotto i Cofferati, i D’Antoni, i Pezzotta, i Del Turco (in verità con meno fortuna), mentre gli imprenditori hanno prodotto i Berlusconi. Ancora oggi i partiti sembrano assopiti e si affidano ai surrogati (si attende con ansia la discesa in campo di Montezemolo, un altro imprenditore). Tutti siamo elettrizzati nell’attesa dell’evento ed è da giurarci che se accadrà saremo tutti liberati da incubi e da impotenza.Viene spontaneo domandarsi se la discesa in campo dell’ex Presidente della Fiat sarà un evento epocale, tale da mettere in difficoltà Berlusconi. Ho cercato di capire le differenze tra i due possibili avversari politici che dovrebbero essere i protagonisti delle future elezioni politiche. Entrambi si collocano nell’area liberale (almeno a parole). Entrambi hanno una visione manageriale dello Stato (almeno a parole). Entrambi provengono dalla Confindustria (questo dato è certo). La differenza consiste essenzialmente nel fatto che uno ha costituito un movimento autonomo basato sul consenso personale e l’altro dovrebbe raccattare (perché di questo si tratta) tutto ed il contrario di tutto per sfidare l’avversario.Insomma, per dirla alla Tabacci, Montezemolo dovrebbe mettersi a capo del Comitato di liberazione nazionale per liberarci dal tiranno. Questo è l’auspicio, questo è il succo del discorso. Io non conosco Montezemolo, né posso immaginare quale doti di leader è in grado di possedere. Posso di certo dire che è un ottimo imprenditore ed un leader nella gestione della Fiat e della Ferrari. Nulla è dato sapere sulle sue capacità di produrre un amalgama che va da Ferrero a Fini per mettere in ginocchio l’asse Berlusconi-Bossi (che viaggiano intorno al dato maggioritario). Di certo, ancora, la politica non è in grado di produrre un leader dalle sue parti. Né la dichiarazione della Mercegaglia lasciano spazio ad un appoggio totale al dott. Luca Cordero di Montezemolo. Esiste poi una discriminante che viviamo tutti i giorni con apprensione. I distinguo nell’area cattolica (ultima la distonia tra Pezzotta ed Adornato) che ci pongono problemi esistenziali, a maggior ragione tra Ferrero e Fini (antagonismo ideologico) o tra Casini e Di Pietro (antagonismo di mani pulite), senza perdersi poi (sarebbe banale e puerile) addirittura sui distinguo tra di noi (membri delle società segrete).Ma non voglio fare il guastafeste, né precludere il desiderio di un sogno tanto atteso.Ne abbiamo visto davvero tante che una in più di certo non guasterà la vita di tutti i giorni, né ci rovinerà il fegato. Tutto al più possiamo dire di averci provato. Ma dubito che con l’arrivo di Montezemolo nascerà il partito della Nazione (ognuno cercherà di mettersi al riparo da fulmini e tempeste sotto l’ombrello del nuovo magnate). Casini lo sa molto bene e farà di tutto per svicolare tutto a dalla parte del centrodestra.

sabato 27 marzo 2010

IL CENTRO È UN’AREA POLITICA DEI MODERATI E CASINI NON HA L’ESCLUSIVA

L’area politica di centro è un progetto che riguarda i moderati. Un’area dove si collocano i cattolici, i liberali ed i democratici popolari. Stazionare in quest’area con la presunzione dell’esclusività è una distorsione storica ed un atteggiamento di arroganza da parte di chi sostiene un progetto simile alla veste dell’ermellino, disposto a cambiare pelle in base alle circostanze ed alle convenienze. L’area di centro non è un una posizione, l’abbiamo ribadito più volte, dell’aula parlamentare, rifugio peccatorum per la transumanza dei peones delusi dalla sinistra e dalla destra. Non è l’area politica di Rutelli che si smarca dalla sinistra massimalista e si colloca al centro per contrattare un’alleanza di centrosinistra. Non è l’area politica di Fini che vorrebbe occupare un centro per ostacolare il progetto di Berlusconi e del centrodestra, in attesa di una nuova leadership. Il centro ha una connotazione ben precisa: uguaglianza sociale, libero mercato, famiglia, lavoro, sicurezza nazionale, difesa dei valori cattolici e sviluppo sostenibile, secondo i principi di solidarietà e sussidiarietà. Il pacchetto del programma è tutto compreso. Non sono ammessi distingui e distorsioni sulla enucleazione dei concetti di base. Chi pensa di rifarsi un lifting per l’occasione ha sbagliato collocazione. La stessa procedura riguarda Casini ed il suo partito. Non sono ammessi occupazioni di spazi non conformi alle prerogative di centro. Amalgama variopinti di ulivista memoria non sono graditi ai moderati che hanno pagato un duro prezzo per la diaspora legata alla miopia di uomini politici ormai obsoleti ed incapaci di guardare oltre i propri interessi. Anche le acrobazie futuriste di Bruno Tabacci non sono comprese dal popolo dei moderati. Tre fallimenti nello spazio temporale di un anno la dicono lunga sulla ricerca di uno spazio politico confuso. Dopo l’esperienza della Rosa bianca per l’Italia, la Costituente di Centro e l’Alleanza per l’Italia, sembra che la didascalia sia orientata a sinistra dopo l’esperienza di destra. A parole un’area moderata e nei fatti un salto della quaglia da destra a sinistra con il vestito consunto di centro. Si ripete il già teatrino di Follini: da Berlusconi a Bersani per sostare nel limbo. Occorre un’idea ben precisa del centro e non una stazione dove sostare in attesa di un treno che non passa mai. I tempi sono calamitosi e la crisi avanza a ritmo forsennato. Abbiamo bisogno di politici lungimiranti disposti a rifondare un centro forte ed identitario, non un balzar di amici e nemici all’occorrenza. Il popolarismo di don Sturzo o il civismo di De Gasperi sono ancora attuali se delimitati da un forte contenuto storico politico. Gli strabici vanno d’accordo con i miopi e gli astigmatici con coloro che soffrono di cataratte. Ora è tempo di verità e soprattutto di gente che non soffre la sindrome dei “segretari di Dio”. È inutile perdere tempo ed energie.

domenica 14 marzo 2010

IL PARTITO DELLA NAZIONE: GESTAZIONE ED ABORTO

È in atto un Kadima tutto italiano che prefigura un amalgama tra forze di centro, di destra e di sinistra. Se ne parla da tempo, a volte con disinvoltura, a volte con sicumera, altre volte con circospezione. Chi sia il padre di questo obbrobrio non è facile saperlo. Spesso gli indizi portano a Casini, ormai votato all’incontinenza nei confronti di Berlusconi. A dare voce a questa diceria sono le difficoltà nelle quali si dimenano Rutelli e Fini. Francesco Rutelli, dopo la fuoriuscita dal PD, è in palese difficoltà di consenso e le aspirazioni di rifondare la sua “margherita” sono andate deluse. Nonostante gli annunci altisonanti dell’Alleanza per l’Italia, il trend che si profila, in termini di consenso, non supera la cifra decimale dello 0.5%. Gianfranco Fini, dato per disperso nel deserto del centrodestra, ha provato a raccogliere gli ex camerati della disciolta Alleanza nazionale e dopo tante attestazioni di stima ha capito che molti non lo seguiranno in caso di rottura con il premier Berlusconi. Nella più rosea delle ipotesi un distacco di AN dal PdL frutterebbe non più del 3.0% dei consensi. Infatti, sono in molti, tra gli ex, che ormai viaggiano con idee proprie senza il fiato addosso del padrone indiscusso della destra nazionale. Pierferdinando Casini, nonostante i desiderata di sconvolgere la vita politica di Berlusconi, ha ben presente il rischio di un passo falso e teme lo sbarramento del 5.0%, messo in dubbio da un possibile ritrovato vigore tra i fondatori del PdL, per cui, come i gamberi, fa un passo avanti e due indietro. Ha già provato nel 2007 il voltafaccia di Fini nella famosa vicenda degli ectoplasmi. I tre leaders si studiano a vicenda e, in ogni occasione, sembrano annusarsi con circospezione e diffidenza. L’aborto è già messo in conto con buona pace di tutti. La telenovela avrà un finale scontato: Fini resterà nel PdL e Casini curerà il suo orticello – già miracolato nella passata elezione politica con il 5.6% - mentre Rutelli, con il malfidato Tabacci, busserà alla porta dell’amico Pierferdinando per un posto in lista. Ma ogni operazione ha un prezzo salato: l’annessione all’UdC. Cinica conclusione della tattica democristiana, concreta e collaudata.

venerdì 26 febbraio 2010

IL NUOVO COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE

Nella fantasia di Rutelli e Casini è nato il Comitato nazionale di liberazione da Berlusconi. Per completare la banda Bassotti è stato coinvolto anche Fini. Forse il concepimento è legato allo scarso consenso che il centro ha ottenuto negli ultimi tempi. Sta di fatto che, tra i promotori, qualcuno ha inserito nella favola anche D’Alema e Pisanu. Come dire: il diavolo e l’acqua santa. Originariamente l’idea è stata coltivata da Tabacci (l’eterno antagonista di Berlusconi) che sogna un’Italia libera dall’imprenditore di Arcore. Lo scarso consenso delle urne e la crisi che attraversa il centro hanno fomentato questa diceria o fantasia tra il popolo degli osservatori politici. Rutelli pensava con l’ApI di sconvolgere il PD con l’uscita di scena dal centrosinistra (i suoi hanno preferito l’UdC). Casini pensava di mettere paura al Cavaliere (non si capisce perché risentito per la mancata eredità nel testamento o perché fatto fuori a calci dal centrodestra). Fini forse pensava di doppiare il gioco dei famosi ectoplasmi (fece argine a Berlusconi con Casini alla fine del 2007 e insieme meritarono l’appellativo di ectoplasmi) che gli consentì di scaricare in fretta Casini e ritornare pentito, come il figliol prodigo, alla casa del “padrone”. Sta di fatto che la banda Bassotti si è messa in testa di preparare la resistenza contro il Premier, senza peraltro valutare se il popolo li seguirà. Intanto, i sondaggi per le regionali sono disastrosi (per le alleanze dell’UdC con il centrosinistra) e presto assisteremo ad un altro “refugium peccatorum”. Ma non viene la voglia di affermare che Bossi è più serio e più maturo di qui, quo, qua?

mercoledì 10 febbraio 2010

AL TEATRO

VISITA A MILANO

LE DUE FACCIE DELLA POLITICA

Come una vecchia moneta dell’antichità a due facce la politica si nutre di due ingegni contrapposti: l’ingegno di chi ostenta programmi ed editti e l’ingegno di chi lavora sodo sul territorio. I primi sono propensi a dare la colpa degli insuccessi dei loro programmi agli altri ed i secondi sono propensi a rimproverare i primi perchè si nutrono di teoria.È l’eterno dualismo dei cultori della rex. Se ci facciamo caso, notiamo che i cultori della politica amano frequentare vecchie volpi blasonate della politica e disdegnano la gente comune. Si meravigliano di non essere seguiti nei loro arzigogoli pensieri e protestano contro chi non guarda oltre il proprio naso. Sono gelosi dei propri scudieri e temono che la paglia, degli asini che guidano con accuratezza, sia avvelenata. Saltano tra i banchi del sapere con disinvoltura per abbeverarsi alla fonte del nettare della cupidigia e ubriachi sognono di spopolare tra i comuni mortali. Non muovono un dito per favorire l’accoglienza e tengono chiusi i propri santuari per timore di essere violentati. Osservatori acuti, non si lasciano sfuggire ai pettegolezzi e le chiose da bar, sicuri di intrufolarsi anche nelle questioni che non gli sono state affidate. Girono su se stessi, come spirali e si ritrovano in competizione contro chi gli somiglia per acume e propensione. Per la loro disinvolta alterigia si meravigliano perchè nessuno li segue e trovano sollazzo e piacere anche quando si lamentano tra loro. I cultori del territorio, se non sopravvivono al loro potere, perché travolti da un guerriero più forte, si mescolano tra i rivoluzionari della politica e diventano accaniti operatori del mercato degli scambi. Amano il baratto e vendono merce non partorita. Entrambi sono figli della democrazia.