sabato 27 marzo 2010

IL CENTRO È UN’AREA POLITICA DEI MODERATI E CASINI NON HA L’ESCLUSIVA

L’area politica di centro è un progetto che riguarda i moderati. Un’area dove si collocano i cattolici, i liberali ed i democratici popolari. Stazionare in quest’area con la presunzione dell’esclusività è una distorsione storica ed un atteggiamento di arroganza da parte di chi sostiene un progetto simile alla veste dell’ermellino, disposto a cambiare pelle in base alle circostanze ed alle convenienze. L’area di centro non è un una posizione, l’abbiamo ribadito più volte, dell’aula parlamentare, rifugio peccatorum per la transumanza dei peones delusi dalla sinistra e dalla destra. Non è l’area politica di Rutelli che si smarca dalla sinistra massimalista e si colloca al centro per contrattare un’alleanza di centrosinistra. Non è l’area politica di Fini che vorrebbe occupare un centro per ostacolare il progetto di Berlusconi e del centrodestra, in attesa di una nuova leadership. Il centro ha una connotazione ben precisa: uguaglianza sociale, libero mercato, famiglia, lavoro, sicurezza nazionale, difesa dei valori cattolici e sviluppo sostenibile, secondo i principi di solidarietà e sussidiarietà. Il pacchetto del programma è tutto compreso. Non sono ammessi distingui e distorsioni sulla enucleazione dei concetti di base. Chi pensa di rifarsi un lifting per l’occasione ha sbagliato collocazione. La stessa procedura riguarda Casini ed il suo partito. Non sono ammessi occupazioni di spazi non conformi alle prerogative di centro. Amalgama variopinti di ulivista memoria non sono graditi ai moderati che hanno pagato un duro prezzo per la diaspora legata alla miopia di uomini politici ormai obsoleti ed incapaci di guardare oltre i propri interessi. Anche le acrobazie futuriste di Bruno Tabacci non sono comprese dal popolo dei moderati. Tre fallimenti nello spazio temporale di un anno la dicono lunga sulla ricerca di uno spazio politico confuso. Dopo l’esperienza della Rosa bianca per l’Italia, la Costituente di Centro e l’Alleanza per l’Italia, sembra che la didascalia sia orientata a sinistra dopo l’esperienza di destra. A parole un’area moderata e nei fatti un salto della quaglia da destra a sinistra con il vestito consunto di centro. Si ripete il già teatrino di Follini: da Berlusconi a Bersani per sostare nel limbo. Occorre un’idea ben precisa del centro e non una stazione dove sostare in attesa di un treno che non passa mai. I tempi sono calamitosi e la crisi avanza a ritmo forsennato. Abbiamo bisogno di politici lungimiranti disposti a rifondare un centro forte ed identitario, non un balzar di amici e nemici all’occorrenza. Il popolarismo di don Sturzo o il civismo di De Gasperi sono ancora attuali se delimitati da un forte contenuto storico politico. Gli strabici vanno d’accordo con i miopi e gli astigmatici con coloro che soffrono di cataratte. Ora è tempo di verità e soprattutto di gente che non soffre la sindrome dei “segretari di Dio”. È inutile perdere tempo ed energie.

domenica 14 marzo 2010

IL PARTITO DELLA NAZIONE: GESTAZIONE ED ABORTO

È in atto un Kadima tutto italiano che prefigura un amalgama tra forze di centro, di destra e di sinistra. Se ne parla da tempo, a volte con disinvoltura, a volte con sicumera, altre volte con circospezione. Chi sia il padre di questo obbrobrio non è facile saperlo. Spesso gli indizi portano a Casini, ormai votato all’incontinenza nei confronti di Berlusconi. A dare voce a questa diceria sono le difficoltà nelle quali si dimenano Rutelli e Fini. Francesco Rutelli, dopo la fuoriuscita dal PD, è in palese difficoltà di consenso e le aspirazioni di rifondare la sua “margherita” sono andate deluse. Nonostante gli annunci altisonanti dell’Alleanza per l’Italia, il trend che si profila, in termini di consenso, non supera la cifra decimale dello 0.5%. Gianfranco Fini, dato per disperso nel deserto del centrodestra, ha provato a raccogliere gli ex camerati della disciolta Alleanza nazionale e dopo tante attestazioni di stima ha capito che molti non lo seguiranno in caso di rottura con il premier Berlusconi. Nella più rosea delle ipotesi un distacco di AN dal PdL frutterebbe non più del 3.0% dei consensi. Infatti, sono in molti, tra gli ex, che ormai viaggiano con idee proprie senza il fiato addosso del padrone indiscusso della destra nazionale. Pierferdinando Casini, nonostante i desiderata di sconvolgere la vita politica di Berlusconi, ha ben presente il rischio di un passo falso e teme lo sbarramento del 5.0%, messo in dubbio da un possibile ritrovato vigore tra i fondatori del PdL, per cui, come i gamberi, fa un passo avanti e due indietro. Ha già provato nel 2007 il voltafaccia di Fini nella famosa vicenda degli ectoplasmi. I tre leaders si studiano a vicenda e, in ogni occasione, sembrano annusarsi con circospezione e diffidenza. L’aborto è già messo in conto con buona pace di tutti. La telenovela avrà un finale scontato: Fini resterà nel PdL e Casini curerà il suo orticello – già miracolato nella passata elezione politica con il 5.6% - mentre Rutelli, con il malfidato Tabacci, busserà alla porta dell’amico Pierferdinando per un posto in lista. Ma ogni operazione ha un prezzo salato: l’annessione all’UdC. Cinica conclusione della tattica democristiana, concreta e collaudata.