domenica 20 dicembre 2009

LA PROSA DI TABACCI, LA CONCRETEZZA DI RUTELLI E LA FICTION DI CASINI

Cosa pensasse Aldo Moro nel covo delle brigate rosse quando si accorse che la Democrazia cristiana era avviluppata da mille congetture e analisi storiche? Di sicuro ne intuì la fine, come conseguenza dell’impossibilità di sganciarsi dalla spirale di contraddizioni e dall’incapacità di muoversi nella verità politica di un partito di massa, popolare e democratico, ormai succube del potere e del compromesso. Se guardiamo a cosa successe dopo, negli ultimi anni da quel doloroso evento, non ci resta che prendere atto di un declino e di una polverizzazione del pensiero popolare: una frammentazione consequenziale della “balena bianca” in mille rivoli, sancita dall’inquietudine di tanti uomini politici miopi ed arroganti. Sono trascorsi trent’anni e tutto sembra ripetitivo e stantio: fughe in avanti, ritorni scontati, esaltazioni mentali, scorciatoie in dirupi, forsennate posizioni di comodo e maldestre attività di strategie politiche. Descriverne la storia puntigliosamente, di questi anni, è un’impresa immane ed impossibile. Possiamo solo percorre le elucubrazioni presenti nel panorama odierno e cercare di fotografare, con obbiettività, l’istante in cui ci accingiamo a viverne l’attività frenetica degli ultimi giorni. Un’area di centro, non come punto geometrico di un emiciclo parlamentare ma come una posizione dominante del pensiero moderato e democratico dell’attività politica. Tralasciamo i mille rivoli d’acqua, ormai prosciugati dall’inerzia e concentriamoci sulle risorse del consenso attuale presenti nel panorama istituzionale. Attualmente, la consistenza di centro è rappresentata dall’udc di Casini. L’Unione di centro si ostina a voler rappresentare quest’area anche forte del consenso avuto (l’unico movimento-partito che ha superato lo sbarramento della legge elettorale vigente) e non consente altre realtà politiche organizzate, tant’è che umilia ogni iniziativa, tranne eventuali e concordate annessioni al proprio gruppo. La politica auspicata di una federazione di centro per organizzare la sintesi del contro diaspora dei cattolici non è ben congeniale alla strategia dell’udc, che si affanna a mistificare o ignorare ogni possibilità di amalgama. O mistifica utilizzando, in occasione di elezioni, movimenti e partitini in affanno (l’UDEUR di Mastella) o ignorando movimenti autonomi (come rifondazione Dc di Fiori) che possono creare malcontenti alla classe dirigente locale. Eppur, in apparenza, si muove, direbbe Galilei. In realtà, il centro è sotto tensione dopo lo smarco di Berlusconi che lo ha relegato al digiuno del potere. Un’opposizione finta, spesso con momenti isterici e caratterizzati dalla politica dei due forni che altro non è che la politica della ribellione nei confronti di un alleato politico di centrodestra coscientemente scelto, all’indomani della crisi della DC e sbattuto fuori dopo la rivolta dei delfini (Casini-Fini del 2007 per la successione alla leadership del capo). In questa confusione ha preso piede la “criticità” di Bruno Tabacci, anima in pena che ha sempre rivestito il ruolo di anima critica e di grillo parlante nel partito di Casini. Mosso da sentimenti democratici in difesa della democrazia, contro il populismo berlusconiano, Tabacci non si è mai totalmente ripreso da un colpo di mano, risultato inconsistente, dal fenomeno di “mani pulite” degli inizi degli anni novanta. Una sofferenza intima e profonda che ha segnato la sua vita politica, improntata dalla coerenza e dalla lealtà verso le Istituzioni democratiche. Sta di fatto che il ruolo di paladino e difensore dei principi costituzionali ha reso Tabacci uno dei politici più stimati del panorama parlamentare. Questo ruolo si scontra con il carattere schivo dell’uomo, poco propenso alla dialettica popolare ed al contatto organizzativo del consenso politico. Per cui, se da una parte Tabacci è stimato e ricercato dai media per la sua onestà intellettuale, dall’altra parte è ignorato dalla gente comune, perché non sente l’agape politica e l’anfratto umano necessario per coinvolgersi e sperare in un nuovo ed essenziale patto per una politica concreta e territoriale. L’esperienza della Rosa bianca per l’Italia e la nuova esperienza dell’Alleanza per l’Italia di Francesco Rutelli è la prova di un difficile percorso, sofferto, ambiguo e destabilizzante. Sofferto perché aperto alle realtà dell’area moderata con rigurgiti personalistici, ambiguo perché innestato sull’evoluzione della specie politica dei camaleonti, destabilizzante perché motivato da un anti-berlusconesimo delirante e non sulle questioni che assorbono i pensieri degli italiani. Il libro di Tabacci è una prosa già letta e che ha già visto protagonista Marco Follini, ribelle nell’udc non certo per amore, essendo approdato nel PD senza provare imbarazzo sulle tematiche che riguardano i valori etici. Intanto, Francesco Rutelli si appresta a fondare la sua seconda Margherita, con un’organizzazione capillare sul territorio chiamando a raccolta i liberali e democratici con un concreto atto di appartenenza. Non a caso ha voluto chiarire l’appartenenza e l’affiliazione all’ALDE (alleanza dei liberali e democratici europei) prima ancora di stilare un codice etico ed un programma di partito. La convention di Parma ha mostrato questa scelta con chiarezza e sicumera ed, al di là delle buone intenzioni dell’ex segretario della Rosa bianca per l’Italia, si è percepito il disagio intimo di chi ha seguito Tabacci in questa nuova avventura. È certo che la stella polare dei cattolici nell’Alleanza per l’Italia, non sarà in Europa il Partito popolare europeo, deturpato dalla presenza di Berlusconi e Fini con l’ingresso del PDL, ma dell’ALDE. Questa scelta farà si che il partito di Rutelli pescherà solo tra i delusi del PD e in toto tra gli ex margheritini, dopo la delusione dell’Ulivo di Prodi. Un partito che non avrà un consenso tale da impensierire Casini aldilà delle benevole dichiarazioni di nozze e di desideri sponsali. In questa realtà si inserisce la fiction dell’Unione di centro. L’UDC è nella base del partito propensa a perseguire l’alleanza di governo locale con il centrodestra. Se non fosse così nel Lazio la candidatura di Linda Lanzillotta avrebbe trovato immediato consenso e condivisione. Casini a parole sogna un terzo polo alternativo ma nel cuore si pone alternativo a Berlusconi. Per molti (secondo il verbo di Tabacci) l’alternativa è posizionata nel centrosinistra, mentre per altri (Casini in primis) è posizionata alla lotta dell’eredità del Cavaliere di Arcore. Non a caso ha dichiarato all’assemblea nazionale delle Regioni che “il dopo Berlusconi è cominciato e noi ai nastri di partenza”. Dove giocherà Casini la corsa alla leadership al posto di Berlusconi? Tra le braccia di D’Alema, novello Prodi? Tra le braccia di Fini, novello Davide contro Goria? Non è dato sapere. L’unica cosa certa è la fiction che a puntate riserva colpi di scena per gli spettatori stanchi: oggi si condivide il pensiero di Fini e si attende un suo coinvolgimento, domani si tenderà la mano a Di Pietro, dimenticando le sofferenze arrecate al padre putativo (Forlani), dopodomani si guarda alla cinica politica di D’Alema, per poi ritornare a difendere una politica di valori etici che nel centrosinistra sono stati disattesi. Questo gioco, ormai diventato genetico, non sposta un solo voto da una parte e dall’altra, tranne l’agitarsi degli aeroplanini di carta che si spostano nello stesso cortile di casa cercando un posto in prima fila nel teatro della politica urlata e recitata. Una cosa è certa, per chi non l’ha capito: è più distante la festa di nozze tra Casini e Rutelli che il banchetto dell’addio al celibato tra Fini e Bersani. Ironia della sorte, in questo revival della politica nostrana, il buon Silvio, pidduista, stragista, mafioso, massone, megalomane e populista continua a raccogliere consenso, come se fosse il migliore. Di conseguenza, che valore hanno i suoi avversari, Tabacci compreso? Il nulla del nulla se non impareranno che la politica si fa tra la gente e non sui media. Soprattutto considerando che, la storia lo ha sempre insegnato, un partito di massa nasce dal popolo e non dalle alchimie dei professionisti politicamente “trombati”. Si può aggiungere un altro aeroplanino alla collazione, ma non sarà mai un “originale”. La defunta Rosa bianca aveva dato l’illusione di essere un modellino nuovo di prospettive future. Ora è una bislacca capanna dello zio Tom, di cui ci si vergogna perfino di nominarla e si cerca di sconfessarne la parentela. È triste ma… serve autocritica e non esaltazione del proprio pensiero dominante. Il resto viene da sé. Sempre se “pensare” non mette in imbarazzo il pensiero altrui. C’è sempre il modo di ignorarlo e perseguire la strada del proprio “fumus” imperante.

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